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Nella biblioteca dell’Istituto, il Codice Cospi fu studiato a diversi studiosi, che ne fecero anche copie parziali o totali. Allo scadere del XVIII secolo l’artista bolognese Antonio Basoli ricalcò l’intero codice su carta da lucido. Questa copia, passata nella collezione del cardinale Stefano Borgia, è oggi conservata alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Mentre si trovava nella casa di Stefano Borgia, la copia di Basoli fu osservata da importanti studiosi come il gesuita messicano José Lino Fábrega, l’egittologo danese Georg Zoëga e il geografo prussiano Alexander von Humboldt.
Maggiori informazioni sulla copia realizzata da Antonio Basoli sono disponibili in questo articolo. L'edizione è accessibile a questo link sul sito della Biblioteca Vaticana.
Nel 1803 la biblioteca divenne proprietà dell’Università di Bologna. Nel 1818 il bibliotecario Giuseppe Gasparo Mezzofanti scrisse un’importante dissertazione sul codice e commissionò alla nipote Anna Minarelli delle copie ad acquerello di alcune tavole, oggi conservate presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Né la dissertazione di Mezzofanti né le incisioni tratte dagli acquerelli della Minarelli furono mai pubblicate.
Tra il 1826 e il 1827 l’artista cremonese Agostino Aglio, che provò senza successo a realizzare una copia diretta del codice, ne dipinse una basata invece sulla copia fatta in precedenza da Basoli. Il lavoro di Aglio fu pubblicato nel secondo volume delle celebri Antiquities of Mexico (1830-1831), ottenendo così grande notorietà tra studiosi europei e americani. La copia è conservata oggi al British Museum a Londra e può essere fruita a questo link.